Nel quadro della progressiva attuazione del CBAM, la corretta classificazione doganale è diventata un fattore determinante per stabilire se un prodotto rientri o meno nel campo di applicazione del meccanismo. Il caso dei tubi di ferro o acciaio lo dimostra chiaramente: i tubi classificati nel Capitolo 73 (voci 7304, 7305, 7306) sono oggi CBAM-rilevanti, con obbligo di rendicontazione delle emissioni incorporate, organizzazione di flussi informativi con i fornitori extra-UE e, a regime, acquisto di certificati CBAM. Il “classico” tubo metallico rigido è quindi, allo stato attuale, soggetto al meccanismo.
Il quadro cambia quando il tubo è flessibile: in presenza di specifiche caratteristiche costruttive e funzionali, la classificazione si sposta sulla voce 8307 10 00 – Tubi flessibili di ferro o acciaio, che allo stato attuale non è inclusa tra quelle CBAM. A parità di materiale, una diversa configurazione tecnica del prodotto comporta dunque un esito regolatorio opposto. Tale distinzione non è frutto di scelta dell’operatore, ma discende dall’applicazione della Regola Generale 3(a), secondo cui la voce più specifica (8307 10 00) prevale su quella generale (tubi del Capitolo 73).
In un contesto in cui molti operatori monitorano attentamente le proprie importazioni, anche rispetto alla soglia delle 50 tonnellate annue per dichiarante, un’errata classificazione può generare rischi di non conformità, contestazioni e rielaborazioni a posteriori. Il caso dei tubi evidenzia come il CBAM abbia rafforzato il legame tra tecnica doganale, regolazione ambientale e gestione dei dati di filiera: conoscere “come è fatto” il prodotto (forma, lavorazione, funzionalità, flessibilità) è ormai tanto importante quanto sapere “di cosa è fatto”, anche ai fini della climate compliance.